Il Cavazzo? Una macchina perfetta

di MASSIMO DI CENTA

Uno scudetto annunciato, l’ottavo del Cavazzo, che per la quinta volta consecutiva si conferma campione carnico e avanza a passi veloci nell’albo d’oro della manifestazione, dove adesso, con otto successi, insegue a due lunghezze il Cedarchis, che ha vinto per dieci volte. Per il tecnico Mario Chiementin è invece il quarto successo di fila e sicuramente il suo nome resterà nella storia viola, come quelli di Giovanni Barburini (1965), Marino Corti (2012), Jozsef Negyedi (2015) e Fabio Picco (2017).
Si è parlato di vittoria scontata, con una serie di successi impressionanti che hanno scoraggiato, giornata dopo giornata, la resistenza di un grande Real, che ha dovuto arrendersi ad un avversario qualitativamente superiore, per organico e mentalità.
Piaccia o non piaccia, la squadra del presidente Zearo è una macchina perfetta, iniziando dalla società, capace di programmare e inserire ogni anno elementi in grado di assicurare continuità. Una società che, crediamo, sarebbe in grado di gestire anche un campionato regionale, dall’alto di un’organizzazione sempre al top, con Antonio Sferragatta, Nicola Ricci e gli altri collaboratori capaci di lavorare in perfetta sintonia.
Assolutamente da non sottovalutare, poi, l’operato di Chiementin. Il luogo comune che accompagna gli allenatori di squadre forti è: con quei giocatori sarei in grado di vincere anch’io. Il che non significa nulla, perché il compito dell’allenatore non è solo quello di preparare tattiche e schemi, ma anche quello di saper motivare sempre il gruppo, stimolare gli esclusi, gestire tensioni e infondere la tranquillità, come nel caso del Cavazzo, di sopportare il peso di un pronostico praticamente unanime. Ecco, Chiementin, grazie anche alla preziosa collaborazione del suo vice Manuel Sgobino, è pienamente riuscito in questo intento. I viola magari non sono spettacolari, a tratti, ma danno sempre l’impressione di poter sbloccare il punteggio, di avere mille soluzioni anche quando le partite si complicano. Mentalità, forza fisica e qualità costituiscono il mix perfetto, insomma.
Per quanto riguarda i giocatori, difficile fare graduatorie di merito, perché tutti hanno giostrato alla grande: il portiere Tion si è calato nella mentalità di un campionato anomalo come il nostro, Miolo ha compattato il reparto arretrato, affiancato da giovani interessanti come Urban e Ursella. Le corsie esterne hanno avuto interpreti affidabili nonostante qualche acciacco (Cimador, Lestuzzi, Valent ed Aste); a centrocampo la duttilità e il carisma di Cescutti sono da sempre una garanzia, supportata da un elemento davvero interessante come Di Biase e da quello che riteniamo uno dei giocatori top della stagione, vale a dire Gallizia. L’attacco, nonostante la lunga assenza di Nait, ha sempre saputo proporre soluzioni con Ferataj (il bomber della squadra) a cui hanno dato manforte la furbizia di Spilotti e l’elegante atipicità di Copetti.
L’unica delusione la Coppa, dove l’avventura è finita ai quarti per mano del Cedarchis, negando ai viola la soddisfazione di un altro triplete dopo quelli del 2015 e 2019.

 

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