«L’Edera dovrebbe valutare il ritiro dal campionato»

Riceviamo la lettera di Pierpaolo Lupieri e pubblichiamo.

E venne il proprio “otto settembre” per l’Edera di Enemonzo. Dieci a zero in casa con il Bordano. Zero punti in 20 partite del campionato di Terza Categoria. 118 goal subiti, una media di quasi sei, presi ad incontro, 15 solo fatti. Sedici punti di distanza dalla penultima, il pur sempre combattivo Timaucleulis. Difficile vedere qualcosa di simile nel Campionato Carnico.
Chi scrive forse è colpevole di non seguire la squadra da oltre un decennio per svariati motivi: il volontariato calcistico di base è spesso un fardello, un impegno per, e a favore della comunità, va quindi apprezzato in ogni caso, nessuno vuole colpevolizzare nessuno, ma non andare alle partite non significa necessariamente non seguire e non soffrire per la disastrosa situazione della squadra del tuo antico paese di origine.
Non conosco le dinamiche societarie ultimamente, non mi permetto di giudicare, ma non si può più davvero assistere a cotanto: mi chiedo se non sia più opportuno, se formalmente possibile, ritirare la squadra dal campionato per valutare con maggior serenità il futuro e per poter ripartire senza inutili costi e strascichi ulteriori. Non si può certo affermare, come i paracadutisti della Folgore ad El Alamein, “ci mancò la fortuna non l’onore”, perché di onore ce n’è poco oramai.
Le iniziative tipicamente gaudenti dell’amico ed ex sindaco Paolo Iussa, “bicchiere di Prosecco pagato a fine partita”, non possono certo supplire a quello che appare davvero un cedimento totale di stimoli e motivazioni, persino quello di conquistare un punto, sia uno soltanto per salvare quell’onore di cui scrivevo e azzardavo prima.
Eppure ci fu un tempo che io non conobbi, bensì mi raccontò orgogliosamente mio padre “Viedo Pirula”, che l’Edera, squadra che sommava le energie dei comuni di Enemonzo e Preone, primeggiava nel Campionato Carnico e soprattutto nel gioco, seppur senza mai vincere un titolo per grande e non meritata sfortuna. Resta memoria di quella maledetta finale del 1966, come di altre due in quegli straordinari anni, persa per un soffio contro il Paluzza, che aveva un certo Enzo Cainero in porta. Era l’Edera di “Caco” Gressani, “Tuto” Corradina, Pivetta, Busca, Elio Colosetti, Luigino Concina, Martin, Claudio Lenisa, Levio Lupieri, Loris Duratti, Tonino Pellizzari, Dino Candotti, Adriano e Aido Ianich e tanti altri. Allenatore Vanni Pivotti, uno dei fondatori del Carnico, poi presidente e dirigente calcistico appassionato e preparato. Squadra allora tutta tecnica e concretezza.
Ma pure l’Edera che io ho seguito successivamente, fin da bambino, in periodo seppur più stentato di inizio anni ’70 fino al decennio 1990, di Alido Concina, Sandro Clapiz, Claudio Mecchia, Sergio Colosetti, Ales Pellizzari, “Dado” Leo Chiaruttini, Dino Pivotti, di De Prato centrocampista funambolico, dello sfortunato Paolo De Marchi e dell’immancabile presidente Lucio Diana seguito, dopo, per molto tempo, da Vito De Prato, seppe affermarsi in qualche modo. Imperdibile quel 3 a 0 ribaltato a 4 a 3 sull’Ampezzo. Vinse ben tre Coppe Carnia, l’ultima proprio trent’anni fa nel 1994, straordinaria finale finita ai rigori per 17 a 16 contro il Cedarchis, con comunque fortissimi giocatori alla stregua di Luca Mecchia, Paolo Rugo, Gianni Romanin, Massimo Quaglia, Martin figlio, il “maestro” Loris Rassatti, Edi, Loris, Orlando e Toni Diana, Maurizio Colosetti, Daniele Goi, Alessandro Gori, Bube e RoberTino Loi ed altri. Forse dimentico molti, ma devo fermarmi perché l’emozione di un lungo viaggio che pare finito proprio a settanta anni dalla fondazione della società (1/11/1954) mi stronca.
Un brivido freddo mi scorre lungo la schiena. Per tutto ciò e per quanto accaduto prima, sarebbe opportuno valutare quello che nei termini della boxe è il “gettare la spugna” sul ring. Arrendersi per l’oggi assai gramo per manifesta ed evidente inferiorità non significa necessariamente arrendersi pure per il domani, che ci si augura decisamente migliore.

PIERPAOLO LUPIERI

(bt) La società era in difficoltà a inizio stagione, ma ha deciso di resistere non solo per onorare la storia e la comunità, ma anche per dare una possibilità ai ragazzi di giocare e praticare uno sport, ben sapendo che con esordienti assoluti questo sarebbe stato un campionato difficile. E lo è, infatti. Però nonostante tutto, ieri ad esempio c’erano 17 giocatori presenti in lista e agli allenamenti la presenza non manca. Ma la cosa più importante è che si tratta del gruppo nettamente più giovane del campionato: guardando la lista di ieri, il più “vecchio” ha 27 anni, poi ci sono un ’99, un 2000, un 2001 e tutti gli altri sono Under 20, compresi due classe 2008, un 2007 e tre 2006. Si può pensare davvero che si dovrebbe gettare la spugna e ritirarsi? Non è più logico invece ritenere che anche queste sconfitte pesanti forniranno un bagaglio di esperienza in futuro ai ragazzi, inducendoli comunque a tenere duro anche nelle difficoltà? 

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