di MASSIMO DI CENTA
Il 33’ del secondo tempo della partita di ieri con la Velox è stato un momento importante per il Cercivento: a distanza di 16 mesi, infatti, ha fatto il suo ritorno in campo Nicholas Di Lena, il centrocampista granata fermo da inizio maggio dello scorso anno per un grave infortunio alla caviglia. A lui abbiamo chiesto le sue sensazioni per un rientro che sembrava non dovesse arrivare mai.
«In effetti – conferma – avevo voglia e allo stesso tempo un po’ di timore di affrontare questa occasione. Averlo fatto in una gara tanto importante per noi, poi, ha amplificato il tutto».
E come è andata?
«È stato un momento molto particolare e sinceramente mi sono anche commosso (stesso discorso per la presidente Fabiola De Martino, ndr). Poi, una volta in campo ho superato la paura, anche perché la caviglia ha risposto bene alle sollecitazioni, alle corse e ai cambi di direzione. Sapevo che era soprattutto un problema mentale e ora, rotto il ghiaccio andrà sempre meglio».
Pensi di poterti candidare ad una maglia da titolare per la finale di sabato contro l’Ampezzo?
«A parte che naturalmente le scelte spettano all’allenatore, credo che la situazione andrà gestita e monitorata giorno per giorno. C’è da tenere presente una condizione fisica non ancora al meglio e la partita è troppo importante per decisioni avventate. Devo dire però che sia il mister che i compagni mi hanno stimolato molto in questo periodo, anche proprio in considerazione di questa finale».
Come hai vissuto tutti questi mesi?
«Una sensazione strana, combattuto tra la voglia di giocare e la paura di farmi male di nuovo. Avevo anche pensato di smettere i primi tempi, ma ora vorrei dare il mio contributo per la fase finale della stagione. C’è una coppa da conquistare e una promozione difficile ma non impossibile da inseguire, vista l’imprevedibilità della Seconda».
Con Nicholas Di Lena in campo poteva cambiare qualcosa per la tua squadra?
«Manca sempre la controprova, ma mi sarebbe piaciuto esserci: a questa maglia e a questo ambiente tengo moltissimo e mi sarebbe piaciuto esserci, ripeto, per dare una mano ai miei compagni».