di MASSIMO DI CENTA
È durato un anno l’esilio del Ravascletto in Terza Categoria: dopo la retrocessione dello scorso campionato, maturata dopo aver perso uno spareggio choc con l’Ampezzo, la società non si è persa d’animo, cercando di allestire subito una rosa adeguata.
Il presidente Da Pozzo e i suoi collaboratori hanno lavorato molto bene, ricompattando l’ambiente che poteva davvero subire un contraccolpo non indifferente. Assieme al direttore sportivo Sandro Belafatti si sono subito messi in moto alla ricerca di un tecnico in grado di risollevare le sorti, individuando in Thomas Cocchetto il profilo ideale. Restando nell’ambito della società, va assolutamente sottolineato il gran lavoro di Massimo Pustetto, uno che davvero fa un po’ di tutto e il suo soprannome, “Passione”, riassume alla perfezione il modo in cui interpreta molti ruoli all’interno del sodalizio.
Si diceva di Cocchetto, anche lui, in fondo, era in cerca di riscatto dopo la conclusione del suo rapporto con l’Arta e fin dai primi giorni della preparazione ha fatto capire le sue intenzioni: lavoro, serietà e spirito di gruppo, poi, sul campo, ha fatto lui il resto allestendo una squadra sempre ordinata e in grado di scendere in campo con compiti ben precisi pensati per i giocatori. L’allenatore ha anche imposto regole che tutti hanno rispettato, comportamento che è servito a superare i momenti di difficoltà. C’è voluto un pochino di tempo per affinare l’intesa tra tecnico e giocatori (le due sconfitte interne con Val del Lago e Audax nelle prime giornate lo testimoniano), ma poi la squadra è volata senza più grandi intoppi e anche in Coppa Carnia ha ben figurato, uscendo agli ottavi con l’Ovarese dopo una partita dignitosa, mentre in quella di Categoria è arrivata fino in fondo perdendo la finale col Castello.
Per quanto riguarda i giocatori, in molti hanno vissuto una grande stagione a livello individuale, a cominciare dal portiere Filaferro, affidabile e in grado di tranquillizzare il reparto, con Plazzotta e Loreti pronti in caso di bisogno. La difesa, una volta consolidati gli schemi, si è espressa su buonissimi livelli, con De Tonia, Cumin, Alessandro Marsilio e Agarinis puntuali in marcatura e pronti anche a far ripartire l’azione. Da rilevare la crescita di Agarinis che magari non sarà un modello di stile ma sull’uomo e in fase di spinta è cresciuto in maniera esponenziale. A centrocampo, un tris di… Straulino: Michele, con il suo gioco pulito ed essenziale; Andrea, dinamico e versatile; Gabriele, generosità e presenza tattica. I tre hanno garantito copertura e filtro, lasciando alla fantasia e alla qualità di Stefano Marsilio e Candido (giovane di enorme prospettiva) il compito di preparare l’approccio offensivo. Davanti, il solito infinito Vidali e Di Centa (grande stagione la sua) hanno assicurato un bottino di gol esagerato, completandosi tatticamente, anche in virtù di un’intesa spontanea, che ha prodotto reti e assist reciproci.
Assolutamente decisivo l’apporto della panchina, con i “nonnetti” Ivan De Crignis e Durigon presenti quando c’è stato bisogno, Martino De Crignis, vero e proprio alter ego di Cocchetto, Nicolò Cicutti, che è tornato a giocare dopo qualche anno con risposte discrete. e infine Mannino e Turetta, poco campo e ancor meno polemiche. In più i giovani, come Achille De Crignis e i fratelli Marco e Filippo Florenzano che hanno bisogno di accumulare minuti giocati ed esperienza ma hanno dimostrato di poter assicurare la necessaria continuità.
Ultima citazione per quelli un po’ meno fortunati come Simone Screm, Simone Straulino e Luca De Stalis: gli infortuni subiti hanno limitato le scelte del mister che con loro avrebbe avuto maggiori possibilità di turnover.
Altro particolare da non trascurare è il feeling che si è creato tra squadra e paese: negli scorsi anni il pubblico, aldilà dei risultati, si era sempre dimostrato critico, quest’anno invece non ha fatto mai mancare il suo apporto, sostenendo e incoraggiando i ragazzi in maglia biancoverde.