di MASSIMO DI CENTA
Arriva all’ultima giornata di campionato lo scudetto numero nove del Cavazzo, dopo quelli conquistati nel 1965, 2012, 2015, 2017, 2018, 2019, 2022 e 2023.
Un titolo che, dopo l’inizio balbettante, sembrava davvero difficile da conquistare: un mese di maggio complicato quello dei viola, che nell’arco dei sei giorni che vanno dall’11 al 17 steccano l’esordio in campionato rimediando solo uno 0 a 0 nel derby con la Viola, perdono di brutto in Coppa in casa col Cedarchis e il sabato successivo soccombono di misura in casa del Villa. Cinque punti di distacco in soli due turni in campionato sembravano davvero tanti. Seguiranno quattro vittorie di fila, giusto per non arrivare al confronto con la Folgore ancora più staccati. A Villa Santina era il 22 giugno e il match si era messo decisamente male, con la rete di Zammarchi che aveva portato avanti i padroni di casa. Nell’ultimo quarto d’ora i gol di Ciriaco e Bego avevano capovolto il risultato e probabilmente i destini di tutta la stagione. Pochi giorni dopo, però, l’inattesa sconfitta interna con la Pontebbana aveva sollevato nuove perplessità, attenuate dalle quattro successive vittorie consecutive e dal prezioso pareggio ottenuto sul campo di un Cedarchis in grande crescita. Già, il Cedarchis… Saranno proprio i giallorossi a dare la prima grande delusione stagionale all’undici di Sgobino, sconfitto nella finale di Coppa Carnia a Rigolato. La vittoria ottenuta contro l’Ovarese in campionato e il successivo pareggio a Sutrio sollevarono di nuovo dubbi in tema di continuità che una grande squadra dovrebbe avere tra le sue caratteristiche. Poi, altre tre vittorie (fondamentale ma faticosissima quella nello scontro diretto con la Folgore ) fino al nuovo inciampo in casa con il Lauco. Nel frattempo però Folgore e Cedarchis erano scivolate a meno cinque e i punti persi con gli arancioni poterono essere assorbiti con meno patemi a 180’ dal termine del torneo. La successiva trasferta di Pontebba (giustamente temuta per svariati motivi) si è risolta invece con una vittoria che a quel punto rendeva i viola raggiungibili ma non superabili: nella peggiore delle ipotesi insomma almeno un eventuale spareggio era assicurato.
Ma che Cavazzo è stato quello che ha vinto lo scudetto 2025? Beh, credo che si possa essere tutti d’accordo nell’affermare che la squadra raramente ha prodotto bel gioco. E del resto le grandi squadre non hanno bisogno di dover giocare anche un bel calcio, potendosi basare sulle individualità che hanno in rosa. Fatto confermato dai numeri, con i viola che alla fine sono risultati il miglior attacco e la miglior difesa. Determinante anche la profondità della rosa: nessuna squadra, nel Carnico, può vantare una panchina tanto ricca e questo alla fine fa la differenza, anche se Sgobino spesso si è lamentato dell’assenza di Brovedan, elemento ritenuto fondamentale nella zona centrale per le sue caratteristiche. Alla perdita di Brovedan si è aggiunta nel corso della stagione quella di Di Biase, altro centrocampista prezioso.
LA SOCIETÁ
Partendo da un’analisi globale del pianeta Cavazzo, iniziamo dalla società: sodalizio con la struttura davvero di altra categoria. In ambito societario sembra funzionare tutto bene, dalla “presenza” costante del presidente Dario Zearo al lavoro incessante di Antonio Sferragatta, vera e propria eminenza grigia nel consiglio direttivo. Il ds Max Di Giusto ha portato la propria conoscenza ed esperienza maturate nel calcio regionale e il vice presidente Nicola Ricci è stato il collante necessario a mantenere unita tutta la struttura.
LO STAFF TECNICO
L’allenatore Sgobino: su di lui si potrebbe scrivere tutto e il contrario di tutto. D’accordo, nell’arco di una stagione qualcosa si può sbagliare, ma non è semplice lavorare con tutta la pressione addosso che ha lui da quando ha preso in mano la guida tecnica. Il Cavazzo è, da alcune stagioni, la squadra che “deve vincere tutto” e vincere da favoriti non è semplice, come invece si potrebbe supporre. Lui ha saputo resistere nei momenti difficili, si è assunto sempre le proprie responsabilità, non negandosi mai l’autocritica, dall’alto di un’onestà intellettuale che sicuramente non gli fa difetto. In più, ha saputo motivare gli esclusi ed è stato abile nello sfruttare le caratteristiche principali di ogni suo giocatore. A mio modo di vedere il suo timbro c’è, ed è forte, in questo scudetto, perché un allenatore ha mille dettagli da curare, non solo quello di far giocar bene i suoi uomini. Se il Cavazzo ha vinto alcune partite “sporche” e quelle che contavano, secondo me il resto è pura e inutile filosofia. Accanto a Sgobino, prezioso il lavoro dei suoi collaboratori Cristian Angeli, il preparatore Paolo Paveglio, l’allenatore dei portieri Michele Xotto e il fisioterapista Marco De Barba.
LA SQUADRA
Il Cavazzo è sempre sceso in campo con una logica tattica ben precisa; poi, come detto, il valore aggiunto sono state le individualità. In porta Angeli, estremo difensore che ha saputo interpretare il ruolo basandosi sull’essenzialità e la concretezza, esattamente come il suo vice Cragnolini ogni volta che è stato chiamato in causa. In difesa, Valent e Cimador hanno assicurato copertura e propulsione sulle corsie laterali, cosi come Zanon, Urban e Ciriaco hanno garantito solidità nella zona centrale, rimediando alla grande alla perdita di Miolo per motivi professionali. All’occorrenza Lestuzzi (poco) e Gherbezza, molto più spesso, hanno saputo portare il loro apporto.
Nella zona di centrocampo, la fisicità di Nassivera e Cescutti e le geometrie di Gallizia hanno offerto a Sgobino le soluzioni valide a seconda del tipo di gara o a gara in corso per ogni evenienza, senza dimenticare anche il rendimento di Luca Micelli, classico giocatore che lavora nell’ombra ma si fa sentire quando c’è.
Nel reparto avanzato Samuel Micelli e Ferataj sono stati i titolari fissi, garantendo profondità, capacità realizzative e tanti gol. Bego e Cimenti hanno rappresentato alternative o prestazioni a supporto che in alcune partite si sono rilevate fondamentali, mentre Copetti (probabilmente il giocatore con le maggiori potenzialità) è rimasto un po’ confuso dal dovere agire a volte da punta e a volte da trequartista, smarrendo probabilmente un pizzico di identità. Una citazione particolare merita Paolo Sferragatta: sempre disciplinato, sempre pronto ad accettare qualsiasi decisione, mai una polemica o un “mal di pancia”, un merito enorme per chi come lui probabilmente sarebbe titolare in molte altre squadre di Prima Categoria. Un esempio, davvero, un uomo spogliatoio di grande, grandissimo spessore. Citazione doverosa anche per Dell’Angelo, stoppato a lungo per un infortunio, per Romano, che aveva giocato qualche spezzone già l’anno scorso, e i debuttanti Rossitti, Caputo, Delicato, Not e Tommaso Muser: quest’ultimo ha esordito in prima squadra entrando in campo assieme a papà Raffaello Muser, nome storico del Carnico e ora collaboratore del settore giovanile viola. Pochi minuti che gli sono valsi il terzo scudetto in carriera.
(foto di Alberto Cella)