di MASSIMO DI CENTA
È un bell’impegno quello che aspetta Denis Bertolini, da poche settimane nuovo allenatore del Cavazzo. Udinese di nascita ma fagagnese per amore (la moglie Marvi è originaria del comune del Collinare), a 51 anni e dopo una carriera abbastanza articolata, arriva nel Carnico.
«Sinceramente non so il perché di questa scelta – è la sua risposta tanto immediata quanto sincera alla domanda sul suo approdo nel nostro campionato -. Avevo deciso di prendermi un po’ di riposo, poi è accaduto che Paolo Di Biase, allenatore nella passata stagione del Cavazzo U17 nel campionato provinciale, si è innamorato del mio calcio e visto che la prima squadra del Cavazzo cercava un allenatore, mi ha proposto alla dirigenza. E ora eccomi qua».
Sai che ti aspetta un compito mica semplice? Il Cavazzo è una di quelle squadre che “deve” vincere…
«So di essere arrivato in un ambiente importante per il Carnico, dove ci sono sempre aspettative ed ambizioni molto forti. Ma è stato proprio questo a stimolarmi, perché io amo le sfide, mi danno motivazioni importanti. Anche il fatto di giocare e allenarsi d’estate diventa una sfida. Ma credo che anche per la società scegliermi rappresenti una sfida».
Sappiamo che vieni dal calcio regionale e da amicizie importanti. Qual è stato il tuo percorso?
«Da calciatore ho conosciuto tanti bravi allenatori e da ognuno di loro c’era qualcosa da imparare. Il primo è stato il compianto Roberto Copetti, che mi ha proposto alla società che allenava, il Venzone, come tecnico degli Juniores provinciali. Dopo quella bella esperienza sono andato alla Gemonese a fare da secondo a Pino Cortiula, semplicemente un grande. Da lui davvero ho imparato tanto e mi ha fatto crescere. Successivamente Allievi con l’allora Nuova Sandanielese, con approdo alla prima squadra, poi Ragogna e infine Mereto, che con me alla guida è tornato in Seconda Categoria dopo 25 anni. Mi ha fermato un problema di salute il giorno della presentazione della squadra per il campionato successivo, ma appena risolto rieccomi in campo con gli Allievi prima a Fagagna e poi col Rive d’Arcano».
E ora nel Carnico: cosa conosci?
«Una trentina di anni fa ero militare a Villa Santina e ho provato a giocarci in questo campionato tanto atipico. Esperienza non esaltante, non era il mio calcio all’epoca, ora so che invece si è evoluto e quindi diventa un’ulteriore sfida».
Che tipo di calcio giocano le squadre di Denis Bertolini?
«Ho chiaramente la mia idea, che non fa differenze di categoria: io voglio che le mie squadre abbiano un grande possesso palla, vadano al recupero della sfera per essere subito propositive. Non sono legato a un modulo di base, il migliore alla fine è quello che si riesce a fare con le caratteristiche di chi hai a disposizione. Ma soprattutto voglio che i giocatori si allenino e giochino per divertirsi, così come deve divertirsi il pubblico, perché non bisogna dimenticare che il calcio alla fine resta un gioco».