Giancarlo Peirano disoccupato di lusso

di MASSIMO DI CENTA

Lui è uno degli allenatori più vincenti nella recente storia del Carnico (tre volte dalla Terza alla Prima con Edera, Nuova Osoppo e Stella Azzurra): lui è l’allenatore che arriva da più lontano; lui è uno che voleva provare a vincere anche uno scudetto (non solo promozioni…); lui, momentaneamente, è senza panchina. Beh, ci sono abbastanza indizi per capire che il lui in questione è Giancarlo Peirano. E allora andiamo subito al sodo: Giancarlo, perché uno come te non ha trovato ancora una panchina per il prossimo campionato?
«E chi lo sa – risponde -. Ci potrebbero essere tanti motivi: uno sicuramente è che il mio rimborso spese è abbastanza pesante. Abito vicino a Gonars e in una stagione, tra preparazione, allenamenti, coppe e campionato faccio davvero tantissimi chilometri. Mi rendo conto che incido molto sui bilanci societari e anche se a spingermi ad allenare è soprattutto la passione è chiaro che non posso rimetterci. Poi, che ne so, potrebbero esserci anche motivi tecnici: magari i miei metodi non vanno bene, anche se insomma, qualcosa ho vinto. O forse non sono ben visto dall’ambiente perché non sono carnico (anche se sono nato a Paularo)».

L’ultima squadra che hai allenato nel Carnico è stata i Mobilieri. Non si è concluso benissimo il rapporto, vero?
«Sarei ipocrita a dire che ci siamo lasciati con baci e abbracci. Tanta civiltà e rispetto, quello sì, ma anche qualche piccola incomprensione».

E cioè?
«Avevo chiesto alcuni giocatori in alcuni ruoli e la società sembrava volesse accontentarmi. E invece poi hanno preferito puntare sui loro giovani. E la cosa è giusta, giustissima, visto il grande impegno che mettono nel settore giovanile. Avrebbero però dovuto dirmelo subito. Tutto qua. Nonostante questo, un quarto e un quinto posto e molti consensi da parte di addetti ai lavori ed avversari».

Finita l’esperienza di Sutrio sono state diverse le società che ti hanno cercato?
«Ho avuto moti colloqui, ma alla fine la scelta era caduta su Moggese e Cavazzo. Con la Moggese era stato raggiunto l’accordo economico e tecnico con una stretta di mano. Siccome però nel frattempo mi aveva cercato anche il Cavazzo ho detto loro di aspettare. Cavazzo poteva diventare la piazza ideale per provare a vincere uno scudetto e a Moggio sono stati molto bravi e comprensivi a capirmi».

E invece poi a Cavazzo non se n’è fatto nulla…
«Sembrava fatta. Dovevamo trovarci un pomeriggio per chiudere e invece in poche ore è saltato tutto. Non chiedermi il perché, perché non lo so. Magari non stavo bene a qualche dirigente o a qualche giocatore. Quello che ho notato in tutti questi anni nel Carnico è che qui, rispetto al calcio regionale, si dà troppa importanza ai giocatori. Io credo, invece, che tutti debbano rispettare il proprio ruolo».

Fatto sta che al momento sei “disoccupato”: ma se qualche squadra dovesse presentarsi cosa faresti?
«Chiaramente dipende da quale squadra, perché, ripeto, nel mio caso oltre ad implicazioni tecniche c’è anche un aspetto economico per me molto importante. Lo ammetto senza alcuna ipocrisia. Diciamo che se mi chiamasse la Moggese andrei di corsa, perché hanno veramente un progetto serio, legato anche al discorso del centenario».

In tutti questi anni passati nel Carnico quali sono le persone che hai apprezzato di più?
«Come presidente Olindo Peretto: ai tempi della Nuova Osoppo avevamo costruito davvero un bel rapporto. Come dirigente Max Di Giusto, persona corretta e rispettosa nei miei confronti e lo dico anche se con la sua squadra attuale è successo quello che è successo. Come giocatore Riccardo Granzotti: un fenomeno, per doti tecniche e umane».

E l’avversario che hai “sofferto” di più?
«Maichoal Cescutti. Ecco se dovessi scegliere un giocatore da portare in una mia squadra, lui sarebbe il primo».

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