di MASSIMO DI CENTA
Coppa bagnata, coppa fortunata per il Cedarchis. Sì, ma non ditelo al Cavazzo che esce dal campo dando quasi l’impressione di non esserci mai entrato. Non ditelo agli spettatori, che alla fine sono zuppi (soprattutto quelli che non avevano trovato posto sotto l’arco della tribuna) e anche un po’ infreddoliti, perché la temperatura è calata del 50%, come i saldi di fine estate, passando dai quasi trenta ai su per giù quindici. Non ditelo a noi cronisti, coi fogli bagnati e le bizze di una connessione internet che ha fatto qualche scherzetto. Ma soprattutto non ditelo a chi questa giornata l’aveva preparata da settimane, studiando e trovando le soluzioni adeguate per ogni dettaglio: erano al “Franzil” da metà mattinata gli Amatori Calcio Rigolato, con quelli del Ravascletto e del Comeglians, ovvero i tre co-organizzatori dell’evento. No, davvero no, questo splendido esercito di volontari non meritava una serata così, con la pioggia e il vento a rovinare una festa che è stata comunque bella per condivisione e aggregazione ma non ha potuto esserla fino in fondo perché è piovuto davvero tanto. Nel secondo tempo, poi, un’oscurità non preventivabile per un pomeriggio di metà agosto ha costretto gli organizzatori ad accendere quei fari attorno al campo che sono stati messi lì per le sedute di allenamento (compresi quelli della tribuna), non certo per una finale di Coppa, eppure sono stati utili alla causa. Se la partita fosse iniziata una decina di minuti dopo, probabilmente la partita sarebbe stata sospesa, perché davvero negli ultimi attimi del match si vedeva poco o niente.
Sono mancate le premiazioni finali sul terreno di gioco ma hanno trovato posto sotto un’ampia tettoia dell’impianto, approntata all’uso a tempo di record. Gli organizzatori, insomma, avevano previsto anche un piano di emergenza, arrendendosi solo alla pioggia, quella davvero inarrestabile e senza soluzioni.
E sotto la tettoia è esplosa la festa del “Ceda”, con i tifosi a scandire cori in un mare di bandiere giallorosse e stavolta i “Warriors” sono piaciuti tantissimo, vincendo la finale del tifo e facendo echeggiare forti le loro voci e non i petardi di due anni fa.
Insomma davvero tutto ben organizzato e tutto molto bello, con un piccolo momento di tristezza prima della gara quando è stato ricordato Marino Corti, cui la tribuna ha tributato un applauso sincero, genuino e spontaneo, perché uomini come lui non hanno nè bandiere nè hanno colori e anche se ha allenato il Cavazzo, beh, in questa finale crediamo che tutti lo abbiamo sentito semplicemente uno di noi, uno di questa grande famiglia che è il Carnico. Senza la retorica che di solito accompagna il ricordo di chi non c’è più.
Passando al lato tecnico, alla fine, in molti si domandavano: ma questa partita l’ha vinta il Cedarchis o l’ha persa il Cavazzo? No, questa finale l’ha vinta, stravinta, il “Ceda”, indipendentemente dal fatto che il Cavazzo non è mai stato il vero Cavazzo in tutti i 90’ e passa minuti. Le assenze di Bego, Copetti e Ciriaco hanno pesato, altroché. Così come ha pesato il malanno fisico col quale Cescutti aveva iniziato la partita ed è stato costretto a uscire dopo la pausa, con quel fastidio al costato che a Sgobino è… costato, perché senza lui nel mezzo i viola hanno perso polpa, sostanza e quella “cattiveria” agonistica che il giocatore sprigiona nelle zolle di metà campo. Dall’altra parte invece una sola assenza, quella dello squalificato Drammeh alla fine, paradossalmente, è risultata un vantaggio, perché, senza nulla togliere al bravo Seedy, la squadra è parsa meno prevedibile per le felice intuizione di Luciano Candoni. Tutti si pensava che l’assenza di Drammeh potesse essere tamponata con l’inserimento di Puppis a fare l’esterno basso. E invece il “Peti” che fa? In quel ruolo abbassa Candoni, porta Puppis qualche metro più avanti e il risultato è che proprio loro due alla fine saranno probabilmente i migliori in campo. Ma i colpi a sorpresa del “Peti” non finiscono qui: all’inizio in fascia parte Carew invece di Sanchez e proprio Carew sbloccherà il risultato. Mette Radina col compito di disturbare Gallizia, il play maker avversario, e il buon Ale fa il suo fino in fondo. E poi ci sono le prove super dei due centrali difensivi Tassotti e Fabiani e quella nel mezzo di Ilic, uno che magari non si vede tanto ma che fa la fortuna degli allenatori, perché fa quasi sempre la cosa giusta giocando con semplicità e tanta presenza tattica, quella che serve ad una squadra che il talento di molti dei suoi interpreti porterebbe a sbilanciarsi. E cosa dire del gol di Tomat nel finale: una coltellata in contropiede con la palla deliziosa in verticale di Sanchez e Tomat a scattare sul quell’invito per infilare Angeli.
Per il Cavazzo tante note negative, troppi giocatori sotto tono e alla fine è quasi giusto che il gol della bandiera sia messo a segno da Luca Micelli, sicuramente uno dei pochi lucidi tra i suoi.
Tante cose belle, insomma, nel contenitore del “Franzil” (molto bene anche l’arbitro Borsetto, tra la parentesi rosa di Alba Goi e Jessica Mecchia) e un grazie grande così a chi questo pomeriggio l’aveva preparato con la cura maniacale dei dettagli: la pioggia ha vinto, è vero, ma ancora una volta ha vinto il Carnico e la gente che lo gioca, lo racconta, lo organizza. In una parola: lo vive!
(foto di Alberto Cella)