Ecco i magnifici 11 del Cedarchis

di MASSIMO DI CENTA

Non era semplice scegliere l’undici ideale di tutti i tempi, visti i tanti grandi giocatori che hanno indossato la casacca giallorossa del Cedarchis.

Stefano Moro

E infatti l’ideatore del sondaggio sulla pagina Facebook ha scritto testualmente “purtroppo potendone inserire solo 11, molti giocatori fortissimi sono rimasti fuori da questa formazione, ma sicuramente verranno menzionati in settimana quando usciranno anche altre formazioni con i nomi esclusi”.

Fabio Rella

Le scelte naturalmente, oltre che delle doti tecniche, hanno tenuto conto anche del senso di appartenenza, della durata della militanza e di ricordi legati a situazioni particolari che solo vivendo dal di dentro la realtà del “Ceda” potrebbero essere spiegate. Scorrendo i nomi dei “vincitori”,  ci troviamo di fronte ad un vero e proprio squadrone. 

Proviamo ad addentrarci un attimo nell’analisi dei magnifici 11, ricordando che il parametro scelto prevedeva un 4-3-3.

Rudy Straulino

In porta, Rudi Straulino. In assoluto uno dei migliori interpreti del ruolo espressi dal calcio carnico per doti tecniche, sicurezza e carisma. Aver prevalso nei ricordi dei tifosi giallorossi su un altro mostro sacro come Massimo Gressani dovrà essere per lui motivo di enorme soddisfazioni.

In difesa, la coppia centrale formata da Raimondo Tassotti e Boris Colomba. Il “Tasso”, che ha assaggiato l’ambiente del calcio professionistico, è riuscito a calarsi nella mentalità del Carnico con grande disinvoltura, facendo valere oltre alle doti del difensore quasi insuperabile tutta l’esperienza accumulata nella carriera precedente.

Raimondo Tassotti

Colomba è uno dei marcatori più difficile da affrontare per un avversario: velocità, senso dell’anticipo e cattiveria agonistica erano le sue armi una specie di Samuel, insomma, cioè quie difensori di una volta ai quali si chiedeva quasi esclusivamente di difendere.
Sulle corsie laterali
Simone Cescutti e Marco Copetti: loro rappresentano in qualche modo l’evoluzione di un calcio che, nel corso degli anni, ha preteso anche dai difensori di saper essere abili nelle due fasi di difesa e attacco. Grinta, determinazione e presidio costante della fascia di competenza.

Massimo Picco

A centrocampo, Massimo Picco (compassato, mai una giocata inutile e tanta sostanza), Roberto Quaglia (ottimo nell’interpretare la funzione di playmaker basso, quello che faceva girare la squadra) e Fabio Rella (senso euclideo del gioco e tempi di inserimento che sembravano dettati da un metronomo). 

Roberto Quaglia

Il tridente offensivo è un pochino atipico e probabilmente adattato al modulo prescelto: vedere Gino Di Gallo esterno offensivo destro non è propriamente canonico. Lui era uno di quei giocatori che si definiscono “attaccanti” ma senza una collocazione precisa: poteva fare la punta centrale ma anche giocare dietro due attaccanti di ruolo. In tanti anni che seguiamo il Carnico non riusciamo a trovare un altro giocatore con la sua facilità di calcio.

Marco Copetti

Il suo modo di colpire il pallone era una dote naturale e quando giocava lui i palloni erano quelli di una volta, quelli che andavano dritto per dritto. Siamo quasi convinti che con i palloni di adesso prenderebbe la porta anche da 50 metri con buone probabilità di segnare. Assieme a lui, Riccardo Granzotti e Stefano Moro.

Riccardo Granzotti

Il “Nic” è stato qualcosa di formidabile, perché per essere un talento in un paese di poche anime vuole dire avere i cromosomi giusti. Attaccante di razza e persona vera. “Gugje” è una specie di Filippo Inzaghi: pascolava al limite dei 16 metri e quando c’era da cacciarla dentro era sempre lì. Sembrava quasi che fosse il pallone a cercare lui, non il contrario. A nostro modo di vedere l’attaccante ideale per dare profondità alla manovra. 

Il pianto scudetto di Luciano Candoni

Allenatore Luciano Candoni, ovvero il Cedarchis dentro. Chiamato spesso quando c’era da gestire momenti difficili, “Petisso” ha sempre risposto alla grande, perché prima di tattiche e schemi ha anteposto il cuore, riuscendo a trasmettere tutto questo ai suoi giocatori. Dote davvero non da poco. Di lui ricordiamo un’immagine: uno scudetto vinto all’ultima giornata e lui, mentre tutti facevano festa, era in panchina, da solo, a piangere.

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