Carnico Story: Leonardo Screm

di MASSIMO DI CENTA

Leonardo Screm è il protagonista odierno della nostra rubrica, nata per riproporre i ritratti realizzati in occasione del libro “60 anni di Carnico”, uscito nel 2010.

Quello che doveva essere un semplice club di tifosi è diventato, nel giro di pochi anni, uno dei sodalizi più originali nel panorama del Carnico. Un gruppo di amici con la passione per il Milan, decise di comporre questo club nella vulcanica Paularo. Venne istituito un direttivo con Leonardo Screm eletto presidente. Le domeniche d’inverno erano trascorse ad ascoltare le vicende dei rossoneri alla radio (Sky, all’epoca era solo la traduzione di cielo in inglese…). Il club si dimostrò da subito efficiente ed appassionato: organizzava trasferte, piccoli tornei nell’ambito del paese e tante altre iniziative con il Milan sullo sfondo ma, soprattutto, con la grande passione per il calcio. L’approdo al Carnico fu quasi naturale, perché nel frattempo al club avevano aderito molte persone: per i primi tempi ci si rivolse soprattutto al settore giovanile, poi venne allestita anche una prima squadra. Organizzatore ed anima di tutto questo movimento era Leonardo Screm. Lui amava definirsi un “piccolo presidente”: a Paularo c’era la Velox a reclamare il ruolo da protagonista e per un certo periodo anche la frazione di Trelli ebbe la sua squadra. Screm amava operare con misura ed acume, stando ben attento a non fare mai il passo più lungo della gamba. L’onestà, il rispetto e l’altruismo hanno sempre caratterizzato il suo agire. Si era circondato di collaboratori fidati, dai quali accettava suggerimenti e proposte, riservandosi però la decisione finale dopo lunghe e attente considerazioni. Il rispetto che aveva per i propri giocatori e per gli avversari lo riceveva in cambio, quasi fosse un atto dovuto. L’altruismo, infine, era il suo pane quotidiano: nelle sue squadre c’era posto per tutti, bastava avere passione per il calcio e voglia di praticarlo. Nugoli di bambini hanno calcato il terreno del Comunale di Paularo, quello vecchio e spelacchiato che si vede appena si arriva in paese. E non tutti erano bravi a giocare a pallone, anzi… Il fatto è che lui dava la possibilità a tutti di poter giocare: nel Milan Club hanno giocato anche bambini con qualche problema fisico e per lui (ed i suoi collaboratori) quella era la vittoria più grande. Veder sorridere questi bambini più sfortunati gli riempiva il cuore. Nonostante un’attività imprenditoriale che lo assorbiva in maniera pesante, riusciva nel suo intento di provvedere alla propria famiglia, dedicarsi al calcio e amministrare un’azienda che, dopo tanti anni, è ancora leader nel settore. La sua famiglia, eccolo il segreto del “piccolo” presidente: la moglie Giovanna (per tutti Gianna) magari brontolava un po’, ma sotto sotto ha sempre assecondato la passione del marito. Dopo giornate intere passate a lavorare, il buon “Nardut” (così lo chiamano ancora a Paularo) era capace di fare le ore piccole per compilare cartellini per il tesseramento. Li scriveva lui, con l’aiuto di una fedele macchina da scrivere, sotto i cui tasti sono passati i cognomi di centinaia di bambini di Paularo. Li compilava e poi il giorno dopo partiva a farli firmare casa per casa, come un commesso viaggiatore che “vende” sogni, perché ogni bambino che si avvicina al calcio sogna di diventare da grande un calciatore. La signora Gianna, insomma, aldilà di qualche sfogo estemporaneo o di qualche “Ma chi te lo fa fare?”, non è mai andata. A condividerne in pieno la passione, invece, sono stati i figli Pierpaolo, Antonello ed Almer. Il “Pier” è stato il più bravo tecnicamente ed ancora calca i campi del calcio della montagna. Lui, partito dal Milan Club ha sfiorato il Milan vero, anche se poi la cosa sfumò. Antonello è stato uno dei centrocampisti più interessanti del campionato: fortissimo tatticamente, possedeva una grande capacità nel gioco aereo e la giusta fisicità per giostrare da mediano. Almer era un’ala guizzante: una finta e via, a lasciare sul posto l’avversario. Lo penalizzava un carattere focoso che spesso ne condizionava il rendimento.

Screm ha sempre dato molta importanza ai suoi collaboratori: per lui erano tutti importanti allo stesso modo, da chi faceva i biglietti a chi si occupava del chiosco. Cercava di farli sentire partecipi del suo progetto, coinvolgendoli e stimolandoli in continuazione. Il suo collaboratore più fidato è stato Renzo De Toni. Renzo aveva un carattere più estroverso di “Nardut”, la battuta pronta e quella cordialità immediata che lo rendevano simpatico di primo acchito. In comune, però, avevano la grande passione e la voglia di fare, senza mai lasciarsi andare all’euforia o allo sconforto. C’è una foto (che entrambi hanno nascosto per una sorta di pudore…) dei due che piangono tra i giocatori festanti dopo la prima storica promozione del Milan Club.

Screm ha sempre inteso il calcio a Paularo come un impegno anche sociale e se cercava di portare al campo i bambini per giocare, faceva di tutto per portarci anche quelle persone che magari di calcio nemmeno si interessavano; e così quando il Milan Club giocava in trasferta, era facile vederlo arrivare con qualche anziano di Paularo, al quale offriva quanto meno una domenica diversa. 

Ci furono un paio di episodi che lo amareggiavano moltissimo: la questione del campo di Paularo (quando c’erano tre squadre era dura organizzare l’attività) della quale non vuole nemmeno più sentir parlare ed una lunga squalifica, un vero e proprio atto di ingiustizia. Al termine di una partita particolarmente animata, ci fu molta confusione al rientro negli spogliatoi. Lui cercò in tutti i modi di riportare la calma ma si trovò squalificato assieme ad altri suoi giocatori e dirigenti. Per questi presentò ricorso alla Commissione Disciplinare, mentre rinunciò a presentarlo per sé stesso, perché si sentiva a posto con la coscienza. E poi, l’”assoluzione” (quella più importante, per lui) gli arrivò dal mondo del Carnico, che gli tributò una manifestazione di solidarietà e di affetto raramente riscontrabili. Quello fu il suo ricorso vinto!    

Negli ultimi anni della sua attività, gli toccò anche cambiare nome alla società: non più Milan Club, ma Paularese. Si era accorto che in molto non andavano a giocare nella sua squadra perché non tifavano per il Milan; scegliendo il nome Paularese voleva identificare ancora di più squadra col paese, ma i tempi stavano cambiando e lui in quel calcio probabilmente non si riconosceva più.

Adesso, forse, nella mente di Leonardo qualche ricordo va sfumando: è il prezzo da pagare agli anni che passano. Chissà, magari gli sfuggirà il nome di qualche suo ex giocatore o non gli verrà in mente qualche risultato, ma una cosa è certa: il Carnico, di sicuro, non si dimenticherà mai di lui, piccolo, grande presidente!

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