Addio a Vanni Pivotti, gentiluomo del Carnico

di MASSIMO DI CENTA

Dopo una lunga malattia, pochi giorni dopo aver compiuto 90 anni, ci ha lasciato Vanni Pivotti, uomo all’antica, di quelli che debbono per forza essere catalogati come gentiluomini. Chi ama e segue il Carnico, sa di aver perso una figura importante, uno di quelli che hanno fatto la storia di questo campionato, perché Vanni Pivotti non era legato solo alla sua Edera, no, molto di più: lui è stato forse uno degli artefici di quello che il Carnico è diventato nel corso degli anni. Dirigente appassionato, ma senza perdere di vista la razionalità che il ruolo gli imponeva. Lui era uno dei famosi “5 dell’Ave Maria” e proprio dai tanti incontri con Italo Stroili, Angelo Ortobelli, Giacomo Cortiula e Otello Petris sono nati eventi come la Coppa Carnia, che all’inizio ha avuto anche scopi benefici, sintetizzando alla perfezione il personaggio: uomo di sport, sì, ma prima di tutto uomo di valori. Ha vinto poco con la sua Edera, eppure, quasi ridendoci su, spesso ricordava che la Coppa Carnia vinta dai bianchi di Enemonzo nel 1994 la gente se la dovrà ricordare per forza, perché vincere per 17 a 16 dopo i calci di rigore entra di diritto nelle partite da record. La capacità di capire il Carnico come pochi, raccontarlo nei risvolti umani e nei numeri, resta nel libro “Enemonzo, il calcio e l’Edera”, scritto in collaborazione con Renato Damiani e in “Cinquant’anni di calcio in montagna”, nel quale aveva raccolto risultati e classifiche del Carnico fino a qual momento, un lavoro ancora oggi fondamentale per conoscere il campionato dalla nascita fino alla fine del passato millennio.

Nel testo che segue, redatto da lui stesso per il libro “60 anni di Carnico”, da non perdere il racconto di quando, nel 1975, ricevette la “stella d’oro” dall’allora presidente Figc Artemio Franchi.

“Quando ho iniziato a giocare ad Enemonzo, il mio paese, non c’era né un campo né una squadra. Spesi la mia passione tra Ampezzo e Villa, ma subito pensai di creare qualcosa anche nel mio paese. In realtà, ad Enemonzo già stavano ideando qualcosa: il Carnico era partito da tre anni e già attirava la curiosità di molti. Fu così che il primo novembre 1954 nacque ufficialmente l’Edera, Fu un progetto al quale partecipai con grande entusiasmo, quello stesso che non persi mai sia da giocatore che successivamente da presidente. 

Fu proprio il fervore di quegli anni, quell’attivismo tipico che accompagna gli albori di qualsiasi iniziativa che ci convinse ad intraprendere la costruzione del campo sportivo. Di contributi nemmeno l’ombra, se non quelli delle nostre braccia e della nostra generosità. Ognuno portava quello che aveva: la volontà, soprattutto, e poi attrezzi, utensili e tutto quanto poteva servire. Stava nascendo l’Edera, una squadra che nella sua storia ha fatto incetta di… secondi posti. E’ davvero incredibile di quante volte abbiamo visto sfumare la vittoria per un niente. Era una specie di sortilegio, succedeva sempre qualcosa. Ed anche quando abbiamo vinto la Coppa Carnia, nel 1994, sembrava che il destino non volesse arrendersi: la finale col Cedarchis è terminata col punteggio di 17 a 16 per noi dopo una sequenza infinita di calci di rigore. Un punteggio record, insomma, una specie di risarcimento nei confronti della storia, perché quella partita sarà ricordata per forza! Quando non ci metteva le mani il destino, ci pensavano le diatribe familiari. 

Un anno eravamo davvero vicini alla conquista del primo posto. Come secondo portiere avevamo in panchina uno che non si lamentava mai: veniva ogni domenica senza pretendere nulla in cambio. Ci sembrò normale, durante una delle ultime partite farlo scendere in campo da titolare. Solo che non non sapevamo e a lui non venne in mente un particolare niente affatto trascurabile: era già tesserato con una squadra friulana. Qualcuno pensò bene di informare la squadra che era in lotta per il primato con noi e i dirigenti di quella società fecero immediatamente ricorso. Ricorso accolto e sconfitta a tavolino: sorpasso e secondo posto, ancora secondo posto finale! Quel portiere era Eligio Nassivera e promotore del ricorso fu il fratello Gianni. Motivo di quell’iniziativa… fratricida? Ancora oggi non lo so.

In molti, soprattutto giovani, mi chiedono chi fossero e cosa facessero i famosi “5 dell’Ave Maria. In realtà un pochino si è favoleggiato su quel quintetto che, in realtà, posso dirlo, nacque quasi per caso. Noi tutti dirigenti del Carnico si andava alle riunioni della F.IG.C. ed alla fine ci si fermava a Tolmezzo a bere qualcosa. Mi trovai a condividere diverse serate con Otello Petris, Giacomo Cortiula, Italo Stroili ed Angelo Ortobelli: a forze di frequentarci, ci accorgemmo di avere molte idee in comune e soprattutto avevamo lo stesso modo di vedere il calcio. Questa unione, da semplice gruppetto di amici diventò una specie di comitato, che (e lo dico senza un briciolo di presunzione) promosse e creò diversi eventi. La Coppa Carnia, per esempio. Inizialmente lo scopo di questa manifestazione fu principalmente assistenziale. Nelle prime edizioni, infatti, gli incassi delle partite ed una parte dei proventi dei chioschi sono stati suddivisi per offrire un contributo ai giocatori vittime di gravi infortuni, che erano costretti a pagare la loro passione per il calcio con grandi problematiche legate al lavoro. Ci furono alcuni che persero la loro occupazione e noi, nel nostro piccolo, riuscimmo a dar loro una mano. La Federazione, durante le prime edizioni, aveva solo il compito di preoccuparsi degli arbitri. In un secondo tempo, più o meno giustamente, reclamò il diritto di organizzare l’evento, con buona pace dell’intento assistenzialistico.

Vanni Pivotti premiato da Artemio Franchi

Posso dire che al Carnico ho dedicato tempo ed energie e credo di aver dato molto. Altrettanto, però, ho ricevuto e ricordo sempre con estremo piacere il giorno in cui ho ricevuto la benemerenza. Quell’anno erano stati scelti 25 dirigenti in tutta Italia per essere premiati ed essere uno di loro lo consideravo un motivo di enorme soddisfazione. A quella giornata è legato anche un piccolo aneddoto: il presidente della F.I.G.C., il grandissimo Artemio Franchi, tenne il suo discorso introduttivo, spaziando sui problemi che all’epoca affliggevano il calcio. Ad un certo punto, si infervorò davvero in maniera sorprendente, tanto che per rafforzare un concetto batté con forza un pugno sul tavolo. Sfortuna volle che il pugno andò a finire in un punto del tavolo dove era sistemato un portacenere, che andò in mille pezzi ferendo il Presidente alla mano. Ed il Presidente ci premiò tutti con la mano fasciata!

Adesso, il Carnico fa ancora parte della mia vita, ma non so proprio dire se ci siano differenze tra questo ed il mio: vado a vedere le partite e noto una minore tecnica ma una maggiore fisicità e molto più agonismo e velocità. Dettagli tecnici, questi, ma ciò che conta è l’entusiasmo di tutti gli addetti ai lavori: l’entusiasmo è la molla carica che tiene viva la passione e mi capita di pensare, con una punta di tristezza, che forse non ce n’è come ai miei tempi, quando si iniziava a costruire un campo sportivo, partendo da quello!”.

Alla moglie Gilda e alle figlie Mariucci, Paola e Laura l’affettuosa vicinanza da parte di tutta la Redazione di Carnico.it.

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