Cosa ci aspetta nel 2021?

di MASSIMO DI CENTA

Ancora poche ore e poi questo 2020 finirà. Non si sa come archiviarlo, definirlo sfortunato, maledetto, irripetibile (si spera…). Un anno che ha rivoluzionato e sconvolto usi e abitudini, approcci e contatti, in poche parole, il nostro modo di vivere quotidiano.
Per restare al nostro Carnico, siamo di fronte ad una prima volta: mai il campionato non si eradisputato. Non c’era riuscito nemmeno il terremoto, visto che in quell’anno comunque si disputò il Torneo delle Vallate e tutti videro, in quella manifestazione un segnale di vita, la voglia di condividere un dramma umano. C’era la cosiddetta aggregazione, la gente poteva stare insieme, correre dietro ad un pallone, stare insieme nei dopo partita. Non ebbe un grande significato tecnico, quel torneo, ma riuscì a far pesare di meno un periodo tremendo. Il calcio non restituiva i cari persi, non aiutava in termini concreti chi aveva perso tanto, eppure serviva a far sentire vive le persone. Esattamente il contrario di quello che è accaduto quest’anno, dove ad accomunare le persona c’è solo la paura di un futuro incerto e l’ansia che trasmettono le cose che sembrano senza fine.

Per restare al Campionato Carnico, l’anno che va a terminare racchiude in sé tutte queste sensazioni: l’attesa di quando non si sapeva se si sarebbe disputato, la conferma dello stop e l’incertezza sul futuro. Era strano, durante l’estate, vedere i campi di un verde che sembrava più intenso, le tribune vuote e i chioschi senza gente. Faceva tristezza, perché in quelle immagini desolate c’era l’esatta percezione di un qualcosa di straordinario. Era la sensazione di tutti quelli che questo evento lo vivono o, come noi, lo raccontano. Senza poi pensare all’aspetto economico delle società, che già fanno i salti mortali per mantenersi e sapevano che senza qui pochi euro racimolati tra biglietti d’ingresso e chiosco i salti mortali sarebbero diventati doppi. O anche all’indotto che il movimento crea: i bar, le pizzerie, i locali spesso ritrovo di dopo allenamenti e dopo partita. Un processo di microeconomia che incederà non poco sui vari bilanci.

E ora, cosa ci aspetta? Non siamo esperti di questioni mediche, ma la soluzione non sembra ancora così vicina: si spera nel vaccino, ma con quali prospettive e quali certezze? L’impressione è che se dovesse esserci un altro anno di stop, molte società saranno costrette a chiudere i battenti, senza l’aiuto degli sponsor. Senza contare che poi qualcuno dopo tanti mesi di inattività potrebbe anche mollare, soprattutto quelli non più giovanissimi. 

Aspettiamo la ripresa del calcio regionale (prevista per la prima domenica di febbraio, ha assicurato il presidente regionale della Figc Ermes Canciani), perché da quella, a caduta, dipende anche il destino del calcio della montagna. 

Nel frattempo, buon 2021 a tutti, perché davvero tutti abbiamo bisogno di un anno nuovo più buono. E mai come stavolta, arrivederci sui campi.

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