di MASSIMO DI CENTA
Otello Petris fa novanta! Il traguardo lo ha raggiunto lo scorso 29 dicembre e ci è sembrato doveroso ricordarlo, visto che stiamo parlando di un dei personaggi più carismatici del calcio carnico.
Protagonista da calciatore del primo storico scudetto della Moggese e poi sempre al servizio dei bianconeri con la parentesi a Timau che forse rappresenta uno dei suoi ricordi più belli, aldilà dei risultati ottenuti: basti pensare che nel giorno del suo compleanno è arrivata a Moggio una delegazione di giocatori storici dei Caprioli a festeggiare l’evento.
Ma Otello nel mondo del calcio dell’Alto Friuli ha saputo farsi voler bene da tutti, per la sua schiettezza, il suo modo diretto di approcciare uomini e situazioni. Nel suo percorso da allenatore, ha sempre privilegiato due aspetti: la tecnica ed il dialogo: «Per elevare la qualità di un giocatore – ha sempre sostenuto – bisogna allenarne il gesto tecnico, fare mille volte uno stesso esercizio anche se a volte può apparire inutile e noioso ed invece serve a migliorare. In nessun campo della Carnia si vede più una forca”, ha più volte rimarcato Otello, ben sapendo che la forca è uno strumento utile per impostare al meglio il colpo di testa, vale a dire uno dei fondamentali decisivi del football.
Ma il calcio è anche un insieme di relazioni umane e i rapporti tra tecnico e giocatori rappresentano un elemento necessario per mantenere gli equilibri dello spogliatoio, dove ci sono giovani e meno giovani, caratteri chiusi e persone esuberanti. Per fare gruppo bisogna dialogare, spiegarsi, capirsi, insomma.
Beh, dai, avete capito che siamo di fronte a una specie di guru, il santone della schiettezza e della semplicità, la semplicità applicata alla vita e al pallone.
Allora auguri, Otello, e grazie per tutto quello che alla tua età ancora rappresenti.