Le donne del Carnico: Vanda D’Orlando

di FEDERICA ZAGARIA

Quando pensiamo ad una delle donne che abbiamo sempre visto sui campi di gioco del Carnico, al fianco del proprio marito, a sostenerlo con la propria presenza e col proprio tifo, non possiamo non pensare a lei.
Sono sicura che tutti l’avrete vista, almeno una volta, a qualche partita, perché è una di quelle che io definisco una donna “storica” del nostro amato campionato. Questa volta, infatti, vi farò conoscere Vanda D’Orlando, moglie di un notissimo e compianto allenatore, Giuliano Voltan e, madre di Ivan, centrocampista dell’Amaro.
Ho avuto modo, da qualche anno, di approfondire la conoscenza di Vanda e indubbiamente è una persona caparbia, solida, di quelle che non mollano mai. Nella veste di protagonista dell’intervista, invece, è timorosa, emozionata e deve prendermi un po’ le misure prima di lasciarsi andare ai racconti ed ai ricordi che, in certi momenti, l’emozionano in maniera particolare, soprattutto quando si abbandona a quelli riguardanti suo marito.
In molti pensano che il legame di una donna con il calcio sia dovuto ad un uomo, che possa essere padre, fratello o compagno di vita. Spesso è così e, in parte lo è stato anche per Vanda, in quanto non era grande appassionata di questo sport, anche se ora, in famiglia, è la più informata sui risultati della serie A, specialmente dell’Inter, di cui è tifosa, ed effettivamente questo sport lo ha conosciuto insieme a Giuliano, “ma da un altro punto di vista – racconta -. Sono io che ho portato mio marito a fare l’allenatore. Quando eravamo fidanzati veniva a trovarmi a Cazzaso e giocava a calcio con i bambini del paese ed è così, col nostro legame, che è diventato allenatore dei Pulcini del Fusca, la sua prima esperienza come mister».

Cosa ti ha regalato il Carnico e cosa, invece, ti ha tolto?
«Siccome seguendo mio marito mi sono appassionata a questo campionato, posso affermare che non mi ha tolto nulla, anzi, mi ha regalato delle amicizie importanti che si sono protratte nel tempo. Si tratta di rapporti nati sia nelle squadre di cui ha fatto parte Giuliano sia, nel tempo, in quelle avversarie. La mia passione è diventata talmente grande che, un anno, eravamo con la nostra famiglia in ferie in Puglia e non era previsto il nostro rientro in Carnia in tempo per per l’incontro di campionato che avrebbe disputato la squadra che stava allenando Giuliano. La nostra prospettiva era, durante il viaggio di rientro, di fermarci a Rimini, per terminare lì le ferie: invece io l’ho convinto ad un rientro immediato, in modo da presenziare alla partita in calendario quella stessa domenica».

Il calcio è considerato, da molti, ambiente maschile: come ti sei sentita accolta?
«L’ambiente del Carnico mi ha sempre fatta sentire in famiglia. È un piacere farne parte e nei vari anni in cui si è protratta l’attività calcistica di mio marito ho fatto in modo di creare per gli interpreti di questo nostro grande “spettacolo” un contesto familiare in cui sentirsi a proprio agio. Memorabili sono, infatti, le grigliate presso il nostro stavolo in Curiedi».

Vanda D’Orlando con il figlio Ivan

C’è qualche aneddoto che ti farebbe piacere raccontarci?
«Volentieri, ce ne sono alcuni che non scorderò mai. Il primo il 12 settembre 1989 l’Amaro, di cui Giuliano era all’epoca allenatore, disputava a Bordano la finale di Coppa Carnia contro l’Ovarese. Innanzitutt, anche in quell’occasione siamo rientrati in anticipo dalla vacanza a Lignano e poi quella Coppa mi è rimasta nel cuore perché è stata la prima grande vittoria ottenuta da mio marito. Tra l’altro per quell’occasione avevo fatto fare, appositamente per Ivan, una maglietta azzurra, come i colori della squadra, con la scritta “mascotte Amaro”. Ne ho la foto ricordo che è stata fatta e pubblicata poi sul Messaggero Veneto da Fulvio Castellani. Ci sono state anche l’esperienza di Illegio, dove non ha vinto alcun trofeo, ma ci si sentiva in famiglia, e quella di Cedarchis, dove il rapporto non era solo calcistico ma anche lavorativo. Molti suoi dirigenti infatti lavoravano con me all’Icci, dove ho prestato la mia opera per 40 anni, e il lunedì ci si ritrovava  e si discuteva sempre sui risultati del Carnico».

Una parentesi importante della carriera di Giuliano Voltan ha riguardato il Real.
«Ric
ordo ancora il postpartita dopo la vittoria della Coppa Carnia, tant’è vero che i ragazzi, rimasti in giro a festeggiare, sono poi arrivati alle 5 di mattina a casa nostra e per loro ho preparato un piatto di pasta per ritemprarli dai “bagordi” notturni. L’ultimo ricordo che desidero raccontarti invece è commovente (e qui vedo l’emozione nei suoi begli occhi, ndr): nel 2015 Giuliano doveva essere premiato come miglior allenatore di quel Campionato ma, purtroppo, era ricoverato in ospedale ed io ovviamente ero al suo fianco. Così è andato Ivan a ritirare quel trofeo (e mentre racconta mi mostra la foto di quel momento e il premio, ndr)».

Come descriveresti il Carnico?
«Per me è letteralmente famiglia, in primis, perché, accompagnata dai miei figli Maria Grazia e Ivan, abbiamo sempre seguito Giuliano e le squadre di cui ha fatto parte. E poi perché Ivan è ora la continuazione del mio legame con il Carnico».

(nella foto di copertina Giuliano Voltan e Vanda D’Orlando)

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