Carnico Story: Antonio Zandonà

di MASSIMO DI CENTA

In questi mesi non agonistici proporremo alcuni ritratti di personaggi che hanno fatto la storia del nostro Campionato, tratti dal libro “60 anni di Carnico”, uscito nel 2010. Sono passati 11 anni e Antonio Zandonà è sempre il presidente del Sappada, a conferma di una passione e di un amore incondizionato per il calcio e per la comunità sappadina. Ecco come si era raccontato in prima persona.

Vivevo in provincia di Treviso e lavoravo in una farmacia a Cordignano; da un rappresentante di medicinali, cugino di mia moglie, che operava nella zona del Bellunese, apprendo che è in vendita la farmacia di Sappada. In poco meno di due mesi avevo già cambiato residenza e firmato il contratto d’acquisto della farmacia! Tra aspirine ed antibiotici si parla spesso di calcio e l’occasione me le fornisce la squadra di Sappada che, vengo a sapere, partecipa al Campionato Carnico.

Un campionato davvero particolare, che suscita da subito la mia curiosità: vorrei da subito togliermi il camice ed infilarmi, la domenica, la divisa del Sappada, ma il primo anno non posso, perché sono ancora tesserato con la squadra del mio paese, Terza categoria nel Comitato di Treviso. Insomma, ho dovuto aspettare l’anno dopo, ma nel frattempo mi ero già notevolmente avvicinato all’ambiente calcistico locale. I miei tempi di calciatore trascorsero senza infamia e senza lode, ma il pallone resta comunque un grandissimo momento di aggregazione, soprattutto quando lo giochi a livello praticamente amatoriale, perché è intriso di molti valori umani. Purtroppo la mia professione non mi consentiva una partecipazione massiccia e nelle domeniche di luglio ed agosto erano più le volte che dovevo rimanere dietro il bancone della farmacia che quelle in cui dovevo stare dietro la linea dei centrocampisti…

Dopo 6 o 7 anni, arrivò il momento di smettere col calcio giocato, ma la mia passione per il palloneo e per il Sappada non mi permisero un disimpegno totale e fu così che intrapresi la carriera di dirigente in seno alla società biancazzurra. La decisione di restare a dare una mano maturò proprio negli ultimi tempi della mia attività agonistica, quando emersero problemi a livello societario. Fui quasi “costretto” da tutto l’ambiente ad assumere l’incarico di presidente: era il 1987 ed ebbi la fortuna di trovare collaboratori seri ed un grande allenatore, vale a dire Quirino Piller, il quale mi dette davvero una grossa mano a ricostruire un ambiente sfiduciato e con gli stimoli pari a zero!

Con Piller fummo subito d’accordo su una cosa: ripartire con i giovani. Non cercavamo il risultato immediato, ma un progetto che con voglia ed entusiasmo ci avrebbe portato nel giro di un po’ di tempo ad avvicinare il paese al campo sportivo. Già, il campo sportivo, da sempre il cruccio della nostra società: adesso sembrano lontani i tempi di quando ci si cambiava nei containers ed il terreno di gioco era, per le caviglie, più pericoloso di un contrasto! Il Comune si è reso conto di come la Società si sia data da fare negli ultimi anni e non ha lesinato gli sforzi per andarle incontro: adesso c’è un manto erboso di prim’ordine e degli spogliatoi da fare invidia a squadre semiprofessionistiche. Il fatto che, negli ultimi anni, Udinese e Torino abbiano scelto il nostro paese per il ritiro estivo precampionato sta a dimostrare che si è lavorato davvero bene in questo senso.

Tornando alla mia vicenda di dirigente, inutile dire che i ricordi più belli sono legati alle varie promozioni, anche perché il raggiungimento di quei risultati non fu mai un fattore estemporaneo, ma il frutto di programmazioni serie e a misura di un ambiente che da sempre deve fare i conti con le discipline sportive legate alla neve. La passione per il calcio, insomma, dalle nostri parti non è poi così “scontata”. Il nostro orgoglio è sempre stato quello di schierare esclusivamente giocatori di Sappada, fatta eccezione per alcuni casi di amici di nostri giocatori provenienti da Rigolato e Forni Avoltri o dal Comelico. I legami con la Carnia ed il Carnico, negli ultimi tempi, hanno trovato ulteriore conferma da una specie di, chiamiamolo così, “consorzio” per il settore giovanile: assieme ad Ardita, Rigolato e San Pietro siamo riusciti a creare una sinergia che ci permette di tirar fuori due o tre giocatori all’anno per la prima squadra, garantendo così quella continuità necessaria alla sopravvivenza di piccole realtà come le nostre.

Con la scomparsa del C.S.I. (che a suo tempo ci fu utilissimo per mantenere i nostri giovani nell’orbita della società) rischiavamo di veder partire molti dei nostri giovani verso il campionato del Comelico. Così, invece, ne manteniamo il controllo. Siamo da sempre stati orgogliosi di vivere una realtà come il Carnico: forse i primi tempi il fatto di essere veneti poteva diventare un problema, ma col tempo anche qualche piccolo attrito è scomparso del tutto: alcuni dopo partita con squadre come l’Ancora ed il Ravascletto si sono protratti fino alle ore piccole, a testimonianza di una simpatia ed un affetto reciproci.

L’ultimo pensiero lo voglio dedicare ad alcuni giocatori che resteranno nella storia di questa società: quelli di qualche anno fa, come Danilo Quinz (uno che avrebbe meritato palcoscenici di più grandi dimensioni, credetemi), Diego Quinz e quel Dino Sordi che arrivò ad un passo dal fare un provino con la Sampdoria. E quelli come Aldo Colle Fontana, Matteo Albore e Francesco Cian, autentici trascinatori e anime del Sappada del terzo millennio.

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