di FEDERICA ZAGARIA
Si dice che il portiere sia un uomo solo, l’ultimo baluardo, l’ultimo uomo a difesa della sua porta e, sarà che sono figlia di questo ruolo, ma lo ritengo un compito affascinante: è lui il giocatore il cui unico sbaglio può cambiare le sorti della partita o la cui prodezza può salvare un risultato. In realtà, in molti casi, non è un uomo solo, le sue spalle sono guardate a vista e sostenute da una donna che sa farsi da parte o sorreggerlo quando ne ha necessità. Elena Di Grazia è una di queste donne e, l’estremo in questione, è l’eterno Luca De Giudici.
Come lei stessa racconta però, evita di presenziare alle partite: per prima cosa perché si fa prendere dall’ansia e teme che qualcuno possa farsi male e quindi soffre per tutti i 90’. Da quanto mi dice sta proprio male, soprattutto se in campo ci sono Luca o il figlio Lorenzo, che attualmente milita nelle fila della Gemonese. Inoltre è una combattiva e non tollera che venga magari offeso, dal pubblico, qualcuno a cui lei tiene molto e, in quel caso, di certo (un po’ come tutte noi) non riesce a star zitta.
«Non sono una tipa da partita, ma sono una donna da terzo tempo – racconta -. Solitamente parto da casa una decina di minuti prima che termini l’incontro in questione e, anche se arrivo prima della fine della partita, attendo che arrivi un messaggio che mi avverta che effettivamente le squadre sono negli spogliatoi e, solo in quel momento, scendo dall’auto e mi reco al campo».
Sei sempre stata un’appassionata di calcio o lo sei diventata dopo aver conosciuto Luca?
«In realtà questa passione non mi apparteneva, ho iniziato a frequentare i campi del Carnico nel 2000, insieme alla mia amica Maria Grazia (Voltan, figlia del compianto Giuliano, ndr), perché suo padre allenava Il Real Imponzo Cadunea. Era l’anno in cui la squadra ha vinto la Coppa Carnia ed in cui ho conosciuto Luca. Da lì ho cominciato, una volta iniziata la nostra storia, a seguire mio marito. Possiamo dire che all’inizio ci andavo solo per amicizia, appunto per trascorrere la domenica con Maria Grazia».
Ritieni che il Carnico ti abbia tolto qualcosa oppure, che, in qualche modo, ti abbia arricchito la vita?
«Sicuramente mi ha regalato una famiglia ed intendo sia quella poi formata da me, Luca ed i nostri figli, Lorenza e Sara, che quella di squadra, perché si creano legami importanti. Non credo mi abbia tolto nulla se non che, magari, non avendo quell’impegno, avre avuto più tempo e vissuto in maniera più serena certi eventi di famiglia quali possono essere battesimi, comunioni o cresime».
Il calcio è considerato da molti ambito maschile: tu come lo vivi?
«Nelle squadre in cui ha giocato Luca ho sempre avuto ottimi rapporti, soprattutto con mogli e fidanzate degli altri giocatori. Per quanto invece riguarda l’argomento calcio, evito di parlarne al campo, perché non mi appartiene e quindi non vivo momenti di confronto su argomentazioni calcistiche con uomini».
C’è qualche ricordo o qualche trofeo vinto da Luca a cui tieni particolarmente?
«Ho visto vincere molti trofei e tutti vissuti di cuore. Quelli che mi ricordo in maniera particolare con gioia e tristezza sono gli ultimi, come la Coppa Carnia vinta nel 2023 a Gemona in maglia Cedarchis o la Supercoppa ottenuto l’anno dopo a Trasaghis con il Cavazzo. Li definisco momenti sia gioiosi che tristi perché mi rendo conto che sono gli ultimi, in quanto prima o poi Luca dovrà inchiodare i guanti al muro e questo mi dispiace molto, perché so cosa sia per lui giocare a calcio».
C’è stata una dedica di una vittoria da parte di tuo marito che ti sia rimasta nel cuore?
«Diciamo che tutte le vittorie le ha dedicate alla nostra famiglia, però ricordo una dedica che mi ha particolarmente emozionata (inizia a commuoversi e le scendono le lacrime dagli occhi mentre racconta, ndr). Era una vittoria di quelle importanti e la dedica è stata per suo padre, mio suocero, che era mancato da poco: sono momenti particolari, che si vivono proprio col cuore».
Quanto parlate nella quotidianità di calcio?
«Continuamente, perché Luca e Lorenzo giocano e Sara li segue sempre entrambi. Per cui è un argomento familiare e continuo».
Cosa rappresenta per te il Carnico?
«Come ho detto prima è soprattutto famiglia, ma anche amicizia e divertimento. Infatti mai, in nessun modo, mi è pesato seguire e sostenere Luca».
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